Iqbal Masih - Il piccolo grande rivoluzionario.

«Mentre guardavo alla televisione le piccole mani che annodavano con grazia i fili dei tappeti in Pakistan, sono riandato con il pensiero a tutti i bambini che ho incontrato durante la mia inchiesta "I bambini e noi ". Anche a noi veniva rubata l'infanzia. Tutt'ora in Italia il lavoro minorile è molto diffuso. Si pensa che i bambini siano protetti ed amati, in effetti non è così...
Il bambino è una manodopera ideale perché costa meno, non ha avvocati che lo difendono, non protesta, non si ribella mai, anzi tende a giustificare la realtà che lo circonda. Diventa un oggetto nelle mani degli adulti.

Iqbal Masih è un caso eccezionale. Questo bambino sembra aver tessuto insieme ai tappeti dei suoi aguzzini la propria intelligenza. E' miracoloso che non si sia avvilito, lui che è stato tenuto schiavo fin dall'età di quattro anni, ed abbia maturato da solo la sua presa di coscienza e che abbia avuto il coraggio di liberare se stesso e tanti dei suoi compagni di schiavitù. La Reebock gli aveva fatto dono di 15 mila dollari, ma non è di carità che aveva bisogno Iqbal, ma di una assistenza continua che poi è un compito politico. Un bambino di 10 anni che diventa un capo rivoluzionario! Guardo la sua fotografia sui giornali. Com'è lontana la sua faccia dai bambini biondi e paffutelli di Disney e della pubblicità. Lui non è biondo, forse non è neanche bello, è una persona. Non posso pensare che all'intelligenza del suo sguardo gli adulti abbiano saputo rispondere uccidendolo. Hanno spezzato il filo che faceva di lui un piccolo grande rivoluzionario, ma l'esempio che ha seminato è indimenticabile. Avevano paura di lui e avevano ragione. Io che sono vecchio ho paura per loro e per noi».


Tratto dall'articolo di
Luigi Comencini in "Il Manifesto" venerdì 21 Aprile 1995

 

 

Data creazione: 13-06-2008    |    Data ultima modifica: 01-03-2019

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